C’è una realtà che il Concilio vaticano secondo ha riportato tanto alla luce e che, a 60 anni dal concilio ancora non è emersa con chiarezza nella nostra vita quotidiana di Chiesa: la realtà dei battezzati e del valore del battesimo che ci rende Figli di Dio, Fratelli di Gesù, tempio dello Spirito Santo.
La Chiesa in questo momento di grandi cambiamenti nel mondo è chiamata a riscoprire le verità essenziali della propria fede, le cose semplici e di base. E questa è proprio la realtà del battesimo con la quale noi accogliamo il fatto di essere figli, cioè di ricevere la vita in dono, di non essere i padroni della vita ma i servitori della vita. E’ una realtà davvero elementare che ci fa scoprire amati, ci fa scoprire non più frutto del caso ma frutto di una storia di amore.
La guerra, la violenza, la solitudine, la morte, il peccato ci tentano nella direzione di sentire la vita come una oppressione, come una inutile corsa che porta alla morte e al non senso; dove tutto è inutile tanto trionfa il più forte, il male, il cinismo; dove l’attesa non è l’agognata pensione ma il dissolversi nel nulla. Un ciclico ripetersi senza senso.
Gesù rompe le catene di questo giro, ci libera in una prospettiva differente: accogliere la sua proposta di essere suoi fratelli e fratelli di tutto il mondo, di essere figli amati oltre la morte, ci rende capaci di affrontare la vita in libertà.
Il battezzato ha scoperto una vita nuova e desidera viverla in pienezza. E annunciarla con tutte le sue forze per liberare altri fratelli. La sua amicizia con Gesù, la sua fraternità con tutti gli uomini è radicata in lui, si nutre con la Parola, con l’Eucarestia, con l’Amore fraterno.
La vita del battezzato diventa così vita personale di comunione con Gesù nello Spirito, ma anche vita di fraternità nella comunità, che non è comunità asfittica e ripiegata su di sé (setta) ma vera comunità aperta alla comunione “cosmica”, “universale”.
Questa è la Chiesa; una famiglia di battezzati che hanno una dignità enorme di figli. Non sono i sudditi di una casta sacerdotale. I presbiteri sono gli “anziani” nella fede che rendono presenti nella comunità gli “apostoli” coloro che hanno ricevuto il mandato di annunciare al mondo che siamo figli. Sono a servizio della comunità sono donati alla comunità. Ma l’attore principale è la comunità, sono i battezzati.
E allora perché facciamo così tanta fatica a recepire questa realtà? Perché se manca il prete tutto si ferma? Perché se non c’è il “don” allora non si dice manco più la preghiera a tavola; perché non si legge la Parola di Dio, non ci si riunisce a pregare insieme, non si organizzano forme di solidarietà e di tutela del bene comune?
Perché si fa così fatica a capire che riunirsi attorno alla Parola è proprio dei figli? Che appassionarsi alla conoscenza, allo studio della Parola è roba di tutti e non solo di studiosi? Che tocca ai battezzati tener viva una comunità, che la comunità esiste se dei battezzati si riuniscono non perché ci sono quattro mura da tenere in piedi. La Chiesa vive di battezzati: laddove ci sono arriverà o si costituirà un presbitero (prete) che giungerà a servizio.
Per me Monteleco ha sempre insegnato questo. Il prete è assai importante ma sono i battezzati che hanno in dono la vita nuova di Gesù: gli educatori, i capigruppo, le cuoche…………
Il Concilio ci ha lasciato in eredità questa realtà che era oramai sepolta e dimenticata, ma che era così vicina all’essenziale lasciatoci da Gesù. Si chiama il Battesimo dove ciascuno è sacerdote, re e profeta ma insieme agli altri non per conto proprio, come persona non come individuo.
Questa realtà bene viene espressa nei Movimenti che sono appunto fraternità trasversali all’interno della fraternità grande che è la Chiesa; e anche nelle associazioni di fedeli laici che si organizzano alla luce della vita ricevuta dal Vangelo.
In questa prospettiva si colloca dunque la forma associativa dei RAGAZZI DI MONTELECO. Una associazione di battezzati, aperta anche a chi non lo è, che si fa carico del carisma educativo di Monteleco e degli strumenti attraverso i quali questo carisma viene portato avanti, in primis la struttura di Monteleco.
Quanti di noi hanno riscoperto a Monteleco il fatto di essere figli, di essere amati, di essere fratelli e fratelli del mondo intero. Ecco questo spirito vogliamo continuare nel ricordo dei nostri fondatori Don Ga e don I.
Uno spirito che ci permetta di essere Chiesa viva fatta di pietre vive, non una struttura medioevale di vassalli e valvassini, ma una comunione di fratelli che tenta di capire come amare.
Riscopriamo il nostro battesimo amici cari. Riscopriamo la nostra amicizia con Gesù e il nostro desiderio di fraternità verso tutti, nessuno escluso.
Questo vuol dire essere sinodali, in comunione, in cammino.
Don Fully