GLI ANNI DIFFICILI
Nel 1969, don Ga si dimette dall’incarico di assistente degli Aspiranti dell’Azione Cattolica. Le ragioni di questo allontanamento sono abbastanza palesi. Egli rappresenta la porzione di clero entusiasta del Concilio, attenta alle condizioni sociali della popolazione e alle dinamiche internazionali in un mondo sempre più orientato a un facile benessere e al consumismo piuttosto che al servizio degli ultimi.
In una situazione sociale dove la droga, soprattutto nel mondo giovanile, dilaga e miete vittime ogni giorno, don Ga rifiuta sterili formalismi e ciechi divieti, al fine di non allentare il suo legame con i ragazzi e le loro difficoltà. Questo lo conduce, talvolta, a fare scelte poco comprensibili per gli ambienti della Curia che le interpretano come una forma di ribellione. Un esempio è utilizzare la chitarra durante la Santa Messa, permettendo canzoni a quei tempi proibite come “Dio è morto” Per don Gaspare adeguarsi a una condotta più formale, significa allontanarsi dai ragazzi. L’utilizzo o meno della chitarra in chiesa non rappresenta il vero problema don Gaspare ben sapeva che i ragazzi l’avrebbero suonata da un’altra parte. La chiesa, a suo parere, doveva riflettere per continuare ad avere una proposta capace di parlare ai cuore dei giovani, di saperli affascinare, farsi portatrice di un messaggio umanistico nuovo e “antico” come il Vangelo [Romanelli Pezzi M, Don Ga e i suoi ragazzi, Erga Edizioni, Genova, 1998].
In un contesto sociale in cui la politica è primariamente divulgazione di ideologie, don Gaspare rifiuta qualsiasi forma di demagogia politica capace solo di parlare senza far nulla in concreto per lenire i disagi e combattere le ingiustizie sociali. Ciononostante, egli è l’uomo del “si, si, no, no” evangelico, non accetta compromessi nell’operare la carità. La diplomazia non fa parte dei suoi strumenti, don Gaspare è profondamente un uomo di rottura contro tutti i falsi modelli. Sebbene il suo carisma e la sua sete di giustizia umana e divina lo abbiano portato, talvolta, a rifiutare inutili esteriorità e preconcetti richiesti dalle autorità ecclesiali, don Gaspare è sempre stato ardentemente sostenitore della Chiesa e anche se con sofferenza sempre obbediente ai superiori. In questo periodo, il solo incarico che gli viene affidato è la gestione di Monteleco. Per don Ga è un momento di forte crisi di coscienza, esonerato da gran parte delle sue attività, all’interno di una Chiesa genovese restia ad applicare le tendenze conciliari, spaventata dalla modernità e dalla possibilità di veder diminuita la propria autorità tra i fedeli.