Si è svolto il 9 marzo l’incontro sinodale sulle trasformazioni delle strutture ecclesiali. Le strutture ecclesiali possono essere intese in due modi: o le strutture di partecipazione, gli organismi che costituiscono la chiesa o le strutture materiali.
Puntando lo sguardo sul secondo obiettivo, la conversione delle strutture materiali, come coordinatore della pastorale giovanile mi piaceva contribuire al dibattito con alcune riflessioni anche in base un po alle esperienze vissute. Quali caratteristiche occorre seguire per trasformare una casa, un locale, uno spazio in una casa per giovani? Parlo di questo perchè in base a CRISTUS VIVIT 218 In questo quadro, nelle nostre istituzioni dobbiamo offrire ai giovani luoghi appropriati, che essi possano gestire a loro piacimento e dove possano entrare e uscire liberamente, luoghi che li accolgano e dove possano recarsi spontaneamente e con fiducia per incontrare altri giovani sia nei momenti di sofferenza o di noia, sia quando desiderano festeggiare le loro gioie. Qualcosa del genere hanno realizzato alcuni oratori e altri centri giovanili, che in molti casi sono l’ambiente in cui i giovani vivono esperienze di amicizia e di innamoramento, dove si ritrovano, possono condividere musica, attività ricreative, sport, e anche la riflessione e la preghiera, con piccoli sussidi e diverse proposte. In questo modo si fa strada quell’indispensabile annuncio da persona a persona, che non può essere sostituito da nessuna risorsa o strategia pastorale.
E allora se volessi offrire ai giovani un luogo cosìda dove si parte? Ecco alcune mie riflessioni
- Dall’ascolto della realtà. Laddove nessuno sente il bisogno di aprire uno spazio giovanile è inutile andare a costruire cose che possono diventare fissazioni, idee anacronistiche e staccate dalla realtà. Deve essere il territorio, la comunità, i giovani stessi che manifesta questa esigenza. A volte l’intuizione può essere di pochi ma di pochi che ascoltano una realtà complessa.
- Da un quadro giuridico tecnico molto preciso. Occorre sapere che cosa si va a trasformare. La proprietà, lo stato dell’immobile o dello spazio, le possibilità, la storia. Occorre conoscere, verificare prima di progettare. Cosa si potrà fare o cosa non è possibile fare. Dare una cornice giuridica scritta perchè tutto non crolli in pochi secondi. La realtà è superiore all’idea.
- Da una sostenibilità del progetto. Per costruire una torre occorre calcolare bene la spesa e se si hanno i mezzi(LC 14,25) Ci si riferisce a una sostenibilità economica e non solo ecologica che sarà semmai un obiettivo educativo. Credere nella Provvidenza va bene ma nella consapevolezza, non nell’avventatezza.
- Da una scelta di campo forte sulle responsabilità; è il Papa che ci suggerisce questo: leggete bene bene: ofrire ai giovani luoghi appropriati che ESSI POSSANO GESTIRE. Dare fiducia ai giovani che per noi vuol dire 18–30anni. Con possibilità di ampliare a 16–18anni . Non giriamoci intorno. Così c’è scritto. Occorre avere questo coraggio. Punto. Eh ma qua, eh ma là. Punto. Arredare, pensare uno spazio giovanile senza che siano i giovani a pensarlo è assurdo. Diamo fiducia e tempo, il tempo è superiore allo spazio.
- Quali giovani? Per evitare il rischio di innamorarsi di qualche figura di leader/influencer emergente di moda o di incaponirsi su figure che rappresentano solo adulti o gruppi di adulti e quindi non riconosciuti dagli altri giovani, meglio puntare sulla formazioni di piccole equipe di leaders, per diminuire il rischio di clericalizazzione.
- I giovani hanno bisogno di palafitte che li sostengano, ma che rimangano immerse nell’acqua, nelle retrovie; che consiglino, che diano fiducia e anche opportunità e risorse, che rimedino agli sbagli se è il caso ma che lascino spazio, che non siano i controllori, che non dispensino al solito buoni consigli non richiesti ne tanto meno attesi. Se non diamo spazio ai giovani e fiducia sarà inutile lamentarsi che non si prendono responsabilità: non gliele diamo! Ma sbagliano: chiaro che sbagliano! Come tutti. Da lì si impara. I consigli pastorali, i direttivi delle associazioni e movimenti dovranno scegliere di difendere i loro giovani, non ostacolarli. Poche persone e un po preparate a interagire coi giovani con spirito di servizio: e .….. palafitte!! (avete presente le cucine ai campi? In retroguardia ma .….…)
- Un progetto educativo e obiettivi educativi. Non occorrono grandi pubblicazioni, trattati pedagogici, ma la piccola equipe deve darsi obiettivi di stile di vita, semplici, ampi. Suggerisco non fissarsi sui regolamenti che dovranno essere scritti dagli stessi giovani e che tra l’altro sono in genere grida nel deserto fatti per essere disattesi. Stiamo parlando di maggiorenni in genere. Diverso discorso per preadolescenti e adolescenti.
- Equilibrio tra il già e il non ancora. Aprire uno spazio quando ci saranno tutte le carte in regole, tutte le cose chiare vuol dire non aprirlo mai più. Quando c’è un minimo di sicurezze di cui sopra si parta e il cammino si farà facendolo. Aprirlo senza un minimo di quanto sopra vuol dire chiuderlo in berve tempo.
Ecco qua, un mio modesto contributo al sinodo e alla trasformazione delle nostre strutture.
L’esperienza viene dalla Libera Repubblica dei Ragazzi .….…..
Don Fully