Cari amici, ne vengo da una tre giorni romana di riunione dei centri regionali vocazionali. Spedito laggiù da don Alberto di Chiavari, il responsabile Ligure volato contemporaneamente a Lisbona a preparare la GMG , Giornata Mondiale della Gioventù. A conclusione del tutto viene proclamato il tema del prossimo anno della pastorale vocazionale; lo spiega e legge don Michele Gianola da oltre 6 anni responsabile della pastorale vocazionale e un po’ presente in ogni commissione su seminari o pastorale giovanile, insomma uno sul pezzo.
Ci legge guarda caso la Christus Vivit numeri 216 è la lettera del Papa sulla Pastorale giovanile….
. In tutte le nostre istituzioni dobbiamo sviluppare e potenziare molto di più la nostra capacità di accoglienza cordiale, perché molti giovani che arrivano si trovano in una profonda situazione di orfanezza. E non mi riferisco a determinati conflitti familiari, ma ad un’esperienza che riguarda allo stesso modo bambini, giovani e adulti, madri, padri e figli. Per tanti orfani e orfane nostri contemporanei – forse per noi stessi – le comunità come la parrocchia e la scuola dovrebbero offrire percorsi di amore gratuito e promozione, di affermazione e crescita……………..
………… Fare “casa” in definitiva «è fare famiglia; è imparare a sentirsi uniti agli altri al di là di vincoli utilitaristici o funzionali, uniti in modo da sentire la vita un po’ più umana. Creare casa è permettere che la profezia prenda corpo e renda le nostre ore e i nostri giorni meno inospitali, meno indifferenti e anonimi. È creare legami che si costruiscono con gesti semplici, quotidiani e che tutti possiamo compiere. Una casa, lo sappiamo tutti molto bene, ha bisogno della collaborazione di tutti. Nessuno può essere indifferente o estraneo, perché ognuno è una pietra necessaria alla sua costruzione.
Questo implica il chiedere al Signore che ci dia la grazia di imparare ad aver pazienza, di imparare a perdonarci; imparare ogni giorno a ricominciare. E quante volte perdonare e ricominciare? Settanta volte sette, tutte quelle che sono necessarie. Creare relazioni forti esige la fiducia che si alimenta ogni giorno di pazienza e di perdono. E così si attua il miracolo di sperimentare che qui si nasce di nuovo; qui tutti nasciamo di nuovo perché sentiamo efficace la carezza di Dio che ci rende possibile sognare il mondo più umano e, perciò, più divino».[114]
218. In questo quadro, nelle nostre istituzioni dobbiamo offrire ai giovani luoghi appropriati, che essi possano gestire a loro piacimento e dove possano entrare e uscire liberamente, luoghi che li accolgano e dove possano recarsi spontaneamente e con fiducia per incontrare altri giovani sia nei momenti di sofferenza o di noia, sia quando desiderano festeggiare le loro gioie. Qualcosa del genere hanno realizzato alcuni oratori e altri centri giovanili, che in molti casi sono l’ambiente in cui i giovani vivono esperienze di amicizia e di innamoramento, dove si ritrovano, possono condividere musica, attività ricreative, sport, e anche la riflessione e la preghiera, con piccoli sussidi e diverse proposte. In questo modo si fa strada quell’indispensabile annuncio da persona a persona, che non può essere sostituito da nessuna risorsa o strategia pastorale.
219. «L’amicizia e il confronto, spesso anche in gruppi più o meno strutturati, offre l’opportunità di rafforzare competenze sociali e relazionali in un contesto in cui non si è valutati e giudicati. L’esperienza di gruppo costituisce anche una grande risorsa per la condivisione della fede e per l’aiuto reciproco nella testimonianza. I giovani sono capaci di guidare altri giovani e di vivere un vero apostolato in mezzo ai propri amici».[115]
220. Questo non significa che si isolino e perdano ogni contatto con le comunità parrocchiali, i movimenti e le altre istituzioni ecclesiali. Essi però si inseriranno meglio in comunità aperte, vive nella fede, desiderose di irradiare Gesù Cristo, gioiose, libere, fraterne e impegnate. Queste comunità possono essere i canali in cui loro sentono che è possibile coltivare relazioni preziose
Quando io rileggo per l’ennesima volta queste parole di Papa Francesco ringrazio per la profezia di don Ga e di Monteleco, del Movimento Ragazzi che sono stati e continuano a essere questa famiglia, questa casa dove si coltivano relazioni dove si vivono esperienze educative, dove si accompagnano a divenire grandi. Gesti semplici umani……..come giocare insieme per un ragazzo, correre, saltare, cantare, gridare, ridere……..
Queste che paiono parole rivoluzionarie nella pastorale per noi non sono altro che la quotidianità da tanti anni, è quel che Monteleco ogni estate , e a dire il vero per tutto l’anno, cerca di fare.
E’ un po uno stile che cerco di portare nel seminario. Diventare luoghi disponibili ai giovani dove i giovani possono fare esperienze di incontro vero intanto, non virtuale (bello strumento che aiuta certo ma che ahimè mortifica anche l’approccio umano) ma poi profondo perché libero, non invasivo, rispettoso e “fiducioso” cioè fidandosi dei giovani e dando loro opportunità di esprimersi; l’amore gratuito e non utilitaristico perché un giovane ci può offrire tempo, può farci servizi utili (coro, educatore, liturgista, caritatevole…) e farci fare bella figura rendendo “giovanile” l’ambiente. Davvero difficile lasciar andare un giovane alla sua vita!!
Questo mi convince sempre più quanto sia importante condividere le nostre esperienze con la diocesi e farle condividere dai giovani che le vivono ogni giorno; noi anziani possiamo mostrare le radici, le sorgenti invisibili da dove si attinge tanta energia e passione umana e educativa.
Sapere che anche la pastorale vocazionale nazionale va in questa direzione mi convince sempre più della bontà della nostra proposta dell’esigenza di aprire Libere Repubbliche dei Ragazzi in ogni vicariato e di stimolare le comunità a farlo!!!!
Non eravamo pazzi visionari ma attuatori di quel Concilio , di quella strada che la Chiesa ha intrapreso tanti anni fa e che con fatica cerca di percorrere.
Mentre scrivo giunge la notizia della nascita al cielo di Rinaldo Rocca. Una persona fondamentale nella storia di Monteleco e del Movimento Ragazzi. Una persona santa nel vero senso della parola. Quello che ci ha trasmesso ancor più negli ultimi tempi lo si legge solo nelle pagine dei santi. Guardare la malattia e la morte come l’ha guardata lui è ciò che ogni cristiano desidera e chiede al Signore.
Rinaldo, un vero Signore in ogni senso.
Don Fully